Da un idraulico che saltava barili a un’icona culturale globale

Il 10 marzo 1985 segnò l’inizio di qualcosa di straordinario nel mondo dei videogiochi quando Nintendo pubblicò “Super Mario Bros.” per il Nintendo Entertainment System. Oggi, 40 anni dopo, celebriamo non solo un gioco, ma un fenomeno culturale che ha ridefinito l’industria videoludica e ispirato generazioni di giocatori in tutto il mondo.
Gli umili inizi
Mario non nacque come protagonista. La sua prima apparizione risale al 1981 in “Donkey Kong”, dove un personaggio allora chiamato “Jumpman” doveva salvare la sua fidanzata dai barili lanciati da un gorilla. Shigeru Miyamoto, il genio creativo dietro il personaggio, si ispirò a un semplice idraulico italo-americano per creare quello che sarebbe diventato il volto più riconoscibile dei videogiochi.

Le luci delle sale giochi si stavano spegnendo una dopo l’altra. Scaffali polverosi nei negozi di elettronica dove una volta si accalcavano bambini entusiasti ora ospitavano console Atari in sconto, snobbate dai clienti. Era il 1984, e l’industria dei videogiochi sembrava destinata a diventare poco più di una nota a piè di pagina nella storia dell’intrattenimento – una moda passeggera che aveva esaurito il suo corso.
“I videogiochi sono morti”, dichiarò con sicurezza il Wall Street Journal. E c’erano buone ragioni per crederlo. Le vendite erano crollate del 97%, giganti come Atari licenziavano dipendenti a migliaia, e i rivenditori guardavano con sospetto qualsiasi prodotto che assomigliasse anche lontanamente a una console da gioco.
La causa di questa apocalisse videoludica? Un mercato inondato di titoli mediocri, console indistinguibili e una perdita di fiducia da parte del pubblico. Il famigerato “E.T.” per Atari, sviluppato in sole cinque settimane e considerato uno dei peggiori videogiochi di tutti i tempi, divenne il simbolo di un’industria che aveva tradito i suoi consumatori sull’altare del profitto facile.
È in questo scenario desolante che, dalla lontana Kyoto, una piccola azienda produttrice di carte da gioco decide di rischiare tutto. Nintendo, guidata dalla visione di un designer dall’aria pacata di nome Shigeru Miyamoto, stava per scommettere sul futuro dei videogiochi quando tutti gli altri li stavano abbandonando.
La rivoluzione silenziosa
Super Mario Bros. non era solo un gioco. Era una porta verso un altro mondo. A differenza dei titoli precedenti, limitati a schermate singole con azioni ripetitive, il regno di Mario si estendeva oltre i confini dello schermo, invitando i giocatori a esplorare, scoprire segreti e immergersi in un universo coerente e vibrante.
“Volevo creare un gioco che raccontasse una storia attraverso l’azione, non attraverso le parole,” spiegò anni dopo Miyamoto. E ci riuscì magnificamente.
Ciò che accadde nelle settimane seguenti al lancio sorprese tutti, Nintendo inclusa. In un periodo in cui i negozi si rifiutavano persino di considerare l’idea di vendere videogiochi, le scorte del NES iniziarono a esaurirsi. Il passaparola era inarrestabile. Bambini portavano amici nelle loro case per mostrare questo nuovo, straordinario mondo di Mario. Genitori, inizialmente scettici, si ritrovavano a giocare dopo che i figli erano andati a letto.
Nel giro di un anno, Nintendo non stava solo vendendo console – stava ricostruendo da zero un’industria che tutti avevano dato per spacciata. I 40 milioni di copie vendute di Super Mario Bros. non sono solo una statistica impressionante, ma la testimonianza di come un singolo titolo di qualità eccezionale possa cambiare il destino di un intero settore.
Un amore che dura da 40 anni!

E poi è arrivato Super Mario Odyssey, e io… io ho pianto. Non mi vergogno ad ammetterlo. Quando ho visto Mario correre per le strade di New Donk City, quando ho sentito quelle note jazz che celebravano i giorni di Donkey Kong, qualcosa dentro di me si è spezzato. Era come se ogni salto, ogni moneta, ogni “Wahoo!” degli ultimi 40 anni si fondessero in un unico, perfetto momento. Odyssey non è solo un gioco – è un atto d’amore verso tutti noi che siamo cresciuti stringendo quei controller nelle mani sudate, che abbiamo esultato sconfiggendo Bowser per la prima volta, che abbiamo discusso per ore su come trovare l’ultima stella nascosta. E non è tutto! Mario continua a regalarci gioia in mille forme diverse: dalle serate indimenticabili con gli amici in Mario Kart (chi di noi non ha perso amicizie per una banana piazzata all’ultimo giro?), alle avventure cartacee di Paper Mario che mi hanno fatto ridere e piangere, fino ai tornei improvvisati di Mario Tennis durante le vacanze in famiglia. Ogni spin-off è come ritrovare un vecchio amico che, nonostante il tempo passato, sa sempre come farti sorridere. Quando guardo il mio scaffale pieno di giochi di Mario, quando vedo mio nipote che indossa la stessa maglietta con il fungo rosso che avevo io da bambino, capisco che non stiamo semplicemente celebrando un videogioco – stiamo celebrando un compagno di vita, un piccolo eroe baffuto che, salto dopo salto, ci ha insegnato che con un po’ di coraggio e tanta determinazione, possiamo superare qualsiasi ostacolo. Grazie Mario, per questi 40 anni insieme. Che il tuo “It’s-a me!” continui a risuonare per molti, molti anni ancora.
Ormai siamo a pochi mesi dal rilascio della nuovissima Switch… Solo io aspetto con impazienza, nella speranza che il titolo di lancio sia il nuovo Super Mario?
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